Molti di noi forse ricordano l’ultimo passaggio ravvicinato della cometa di Halley alla Terra nel 1986. Fu un passaggio meno favorevole per le osservazioni: la cometa non raggiunse la luminosità degli incontri precedenti, e , con l’aumento dell’inquinamento luminoso dovuto all’urbanizzazione, molte persone non la videro affatto. Spettacolare fu invece il passaggio del 1910: non solo fu la prima orbita della cometa per la quale esistono fotografie, ma fu anche un passaggio relativamente ravvicinato alla Terra, creò vedute spettacolari e la Terra passò attraverso la sua coda.
Il passaggio della cometa di Halley, che si verifica ogni settant’anni circa, è un evento spesso unico ed irripetibile nella vita di ciascuno di noi, così come un evento straordinariamente importante per un astrofisico. Ecco allora che il prossimo passaggio della Halley ha stimolato la fantasia dell’astrofisico Giovanni Bignami, il quale nel suo recente saggio “Cosa resta da scoprire”, conscio dell’improbabilità di poter assistere nuovamente allo spettacolo, si chiede che mondo ci sarà dal punto di vista tecnologico e della conoscenza nel 2062, come potranno cambiare le nostre abitudini e la nostra quotidianità, in definitiva: cosa resta da scoprire?
Tanto per cominciare Bignami fa un personale elenco delle scoperte che nell’ultimo secolo hanno cambiato “tutto”: La relatività generale (1915), la televisione (1927), la penicillina (1928), la fissione nucleare (1938), il computer (1941), la struttura del DNA (1953), il laser (1958), Internet (1989-1992), i pianeti extrasolari (1995), il genoma e la sua mappatura (1999-2003). Difficile dargli torto sul peso che queste scoperte hanno avuto sul cambiamento del nostro modo di vivere, ma se guardiamo al futuro cosa è possibile prevedere?
Per prima cosa guardiamo al cielo. Dal punto di vista dell’esplorazione spaziale ci sarà sicuramente un ritorno dell’uomo nello spazio profondo ed una intensificazione dello studio del nostro sistema solare e dei pianeti presenti nelle regioni galattiche a noi prossime, alla ricerca di pianeti simili al nostro e di altre forme di vita. L’esplorazione umana e quella robotica progrediranno in parallelo su obiettivi diversi. Bignami prevede un rapido passaggio per le navicelle del futuro dalla propulsione chimica a quella nucleare, in grado di proiettare l’uomo nello spazio profondo. Marte è il primo obiettivo, poi probabilmente le lune dei pianeti gassosi e poi ancora più lontano. Rispetto alla ricerca dei pianeti extrasolari lo scopo dichiarato è duplice. Da una parte capire se il fenomeno planetario intorno ad una stella sia una cosa comune, e già adesso sembra proprio che lo sia. Dall’altra capire quanto siano comuni i pianeti rocciosi rispetto a quelli gassosi ed in generale la morfologia e l’evoluzione planetaria.
L’esplorazione dell’Universo però non può che andare di pari passo con un progresso nello studio e nella comprensione della sua materia e della sua energia.
Il pianeta Nettuno fu scoperto nel 1846 perché faceva sentire la sua attrazione gravitazionale su Urano. Insomma, anche se poi è stato osservato, Nettuno fu scoperto quando era ancora invisibile. Faceva sentire la sua presenza e quindi era prevedibile che esistesse. Qualcosa di simile, ma su scala immensamente più grande, sta succedendo sulle osservazioni su tutto l’Universo dal 1930 ad oggi. Il problema è lo stesso di quello posto da Urano e Nettuno: l’attrazione gravitazionale di una massa non vista. L’unica spiegazione possibile è che intorno alla materia luminosa, le stelle, ci sia dell’altra materia, invisibile almeno all’astronomia fino ad oggi, che la tenga a posto: la cosiddetta materia oscura. Qualcosa sappiamo di questa materia oscura, e cioè che non c’e’ nessuna, ma proprio nessuna possibilità, che sia fatta della stessa materia di cui siamo fatti noi. Non è tutto, infatti misure molto accurate ci dicono che l’Universo sta accelerando incredibilmente la sua espansione. E come se ci fosse una forza esterna che tiri o una interna che spinga, una specie di repulsione tra le galassie, quella che è stata battezzata energia oscura. Sia come energia pura, sia se trasformata in materia attraverso la celebre formula di Einstein, l’energia oscura rappresenta di gran lunga la componente più importante dell’Universo. Facendo due conti, viene fuori che sommando materia oscura ed energia oscura si riempie il 96% dell’Universo, mentre la materia “normale”, quella di cui siamo fatti tutti noi, rappresenterebbe un misero 4%.
Tornando sulla Terra, sul fronte delle fonti energetiche, per il prossimo passaggio della cometa di Halley Bignami prevede grossi passi in avanti sul fronte della fusione termonucleare (il processo che tiene acceso il Sole e le altre stelle) e soprattutto del geotermico. Per nostra fortuna, infatti, dopo miliardi di anni dalla sua nascita, la Terra è ancora ben calda al suo interno. Naturalmente il trasporto del calore in superficie non è uniforme: in certe zone il calore latente terrestre viene fuori in maniera spettacolare, e nascono i vulcani, in altre gradevoli, e ne derivano i bagni termali. Il principio è elementare: se si scava abbastanza a fondo in qualunque punto della Terra il calore aumenta e arriva rapidamente (dopo pochi chilometri in alcuni casi , ovunque in meno di dieci) ben al di sopra del punto di ebollizione dell’acqua. Se versiamo dell’acqua nel buco fatto e continuiamo la perforazione orizzontalmente fino a raggiungere un secondo buco d’uscita, ne uscirà vapore, pronto per l’uso, per esempio per il teleriscaldamento di zone urbane. Con una semplice turbina si potrà avere poi a disposizione energia elettrica infinita, pulita e gratuita. Per quanto riguarda l’energia solare, essa è potenzialmente tanta, ma è poco concentrata, per definizione discontinua e difficile da raccogliere. E’ lecito attendersi dei progressi importanti anche su questo fronte.
Nei prossimi anni sapremo molto di più sul nostro cervello. Oggi sappiamo che il cervello umano, come quello di tutti gli esseri viventi, non ha subito una riprogettazione globale ad ogni passo della sua evoluzione, ma ha semplicemente messo un altro strato su quelli esistenti. Come in un cono gelato a tre gusti sovrapposti, il cervello umano contiene traccia di tre stadi evolutivi. L’enorme corteccia che caratterizza gli umani è il terzo gusto del gelato, posizionato sopra gli altri due, a dimostrare l’ultimo passo dell’evoluzione. Il cervello umano si sarebbe potuto progettare meglio, in modo più efficiente, ma nella sua versione attuale portiamo la traccia evidente della nostra lunga storia evolutiva. La corteccia occupa l’80% della massa del cervello umano e rappresenta la sua parte più complessa, in quanto sede delle funzioni del linguaggio, della memoria, dell’apprendimento e del pensiero. L’intenzione finale è quella di arrivare ad un modello informatico preciso dell’intero cervello, che si spera di poter utilizzare per studiare i processi su cui si basano le funzioni cognitive più importanti. Ci si prova, anche per capire in che modo eventuali malfunzionamenti di circuiti cerebrali possano portare a disturbi della personalità come l’autismo, la depressione o la schizofrenia.
Allo stesso modo è facile prevedere grossi progressi nel campo della genetica e della medicina in generale. Una bambina che nasce oggi in un paese abbastanza ricco ha più del 50% delle possibilità di vivere un secolo. E anche molti maschi, anche se meno delle femmine, ce la faranno. Resta da scoprire esattamente come fare ad aggredire il processo d’invecchiamento e capire fino a che punto sarà possibile allungare la vita. Ovviamente la conoscenza del patrimonio genetico dettagliato di ciascuno di noi sarà sempre più utile per sapere per quali malattie siamo programmati e per poterle prevenire. Tuttavia anche nel genoma decodificato c’è una sorta di “materia oscura”, vale a dire lunghi pezzi di DNA che si estendono tra i geni per i quali al momento si può solo supporre un’attività di controllo sull’attività individuale di ogni gene. Ma soprattutto, e questo è veramente affascinante, resta da scoprire il meccanismo di interazione tra il genoma e l’ambiente circostante. Quello che rende ciascuno di noi un certo tipo di individuo non è solo quello che è scritto nel messaggio genetico. E’ anche il risultato del nostro cibo (o forse di quello dei nostri genitori ed antenati), ma anche dello stress, delle condizioni d’illuminazione e di tanti altri fattori ambientali. La scienza che studia l’interazione tra il genoma e l’ambiente è giovanissima, si chiama epigenetica e da essa ci si aspetta i maggiori progressi, sia teorici che applicativi.
Grandi novità, infine, arriveranno dal settore delle nanotecnologie. Il termine nanotecnologia sta a significare secondo il suo padre scientifico “una tecnologia a livello molecolare che ci potrà permettere di porre ogni atomo dove vogliamo che stia”. Se riuscissimo a inventare un modo di costruire, o meglio far costruire, oggetti partendo da mattoni elementari porremmo le basi per una svolta epocale. Con docili costruttori molecolari il lavoro manuale sarà destinato a scomparire dal futuro. Non è fantascienza: la rivoluzione molecolare è già cominciata, nella chimica farmaceutica per esempio, ed è imminente nella medicina. Le nanotecnologie permetteranno di miniaturizzare un numero sempre maggiore di componenti elettronici e di stendere in modo capillare reti costituite da MEMS, sensori, robot e dispositivi, tutti microscopici e wireless.
Secondo Bignami l’aspetto della nostra vita che più risentirà nei prossimi anni delle tante applicazioni per il futuro sarà quello del trasporto. Verranno sicuramente ottimizzati veicoli, individuali e no, privati o pubblici, per la guida senza intervento umano. Adagiati su un comodo divano antiurto, dovremo semplicemente dire “portami a casa” senza preoccuparci né di ottimizzare l’itinerario, né di prendere multe, né soprattutto di collisioni con altri veicoli. La maggioranza dei veicoli terrestri sarà a propulsione elettrica, grazie all’efficienza che avremo raggiunto con la produzione di energia elettrica dalla geotermia profonda.
La scienza pare quindi indirizzata su obiettivi ben precisi per i prossimi anni. Tante le cose ancora da scoprire. Ma già al prossimo passaggio, nel 2062, la cometa di Halley potrebbe illuminare un mondo diverso, molto diverso, rispetto a quello che oggi conosciamo.
Felice Marino
aliama1@yahoo.it