E se la storia delle vicende umane fosse alla fin fine la storia del Debito? La tesi suggestiva e molto ben documentata è contenuta in un bellissimo saggio dal titolo “Debito. I primi 5000 anni” di David Graeber, antropologo ed attivista del movimento no global di Seattle, docente prima a Yale, da dove è stato allontanato per motivi politici, e poi alla Goldsmiths di Londra.
La tesi è che l’istituzione del debito sia anteriore alla moneta, e non viceversa, e che da sempre esso sia oggetto di aspri conflitti sociali. Da allora la nozione di debito si è estesa alla religione come cifra delle relazioni morali e domina i rapporti umani, definendo libertà e asservimento. Da migliaia di anni la lotta tra ricchi e poveri prende la forma del conflitto tra debitore e creditore, già nel mondo antico tutti i movimenti rivoluzionari avevano un unico programma: “Cancellare il debito e ridistribuire la terra”.
D’altra parte se si guarda alla storia del debito, quel che si scopre è una profonda confusione morale. Quasi ovunque la maggior parte delle persone sostiene allo stesso tempo che restituire il denaro che si è preso a prestito è una questione di semplice moralità ma anche che chiunque abbia l’abitudine di prestare denaro è empio. Fatto sta che già nell’antica Mesopotamia, da dove sono arrivate le più antiche testimonianze di una sorta di moneta creditizia, i sovrani dovevano periodicamente rimediare con dei giubilei, che azzeravano ogni debito, alla riduzione in schiavitù di ampie fasce della popolazione, pena la deflagrazione di tutta la società.
Ma partiamo dall’inizio del ragionamento. Mercati e moneta non sono sorti automaticamente dal baratto come sostengono i manuali di Economia. Fino ad oggi nessuno è riuscito a individuare un posto nel mondo (Graeber lo dice da antropologo e quindi con cognizione di causa) in cui le transazioni economiche tra vicini seguano con regolarità il modello economico “ti do venti polli per quella vacca”. Questo non significa che il baratto non esista ma che, al contrario di quello che pensava Adam Smith, non era utilizzato tra abitanti dello stesso villaggio, semmai tra stranieri o addirittura tra nemici. A dire il vero ci sono buone ragioni per ritenere che il baratto non sia affatto un fenomeno particolarmente antico, ma che si sia diffuso di recente. Per come lo conosciamo noi, si realizza tra persone che, pur avendo familiarità con l’uso del denaro, per una qualche ragione non ne hanno più granchè a disposizione. Sistemi di baratto molto complicati sono spesso sorti inaspettatamente in seguito al collasso di economie nazionali, come recentemente nella Russia degli anni Novanta o in Argentina attorno al 2002, quando il rublo ed il peso-dollaro scomparvero. In sostanza noi non abbiamo cominciato col baratto, per poi scoprire la moneta ed alla fine sviluppare un sistema di credito. E’ successo proprio l’opposto. Il cosiddetto denaro virtuale è venuto prima. Le monete sono arrivate molto dopo e il loro uso si è diffuso in maniera disomogenea, senza mai sostituire il sistema di credito.
D. Graeber si ispira alle teorie elaborate ad inizio Novecento dall’economista Mitchell-Innes. Nessun economista ha mai confutato le sue tesi, semplicemente lo hanno ignorato. Ebbene secondo Graeber ed i sostenitori della teoria creditizia della moneta, quest’ultima sarebbe semplicemente uno strumento di calcolo. Ma di cosa? La risposta è semplice: del debito. Una moneta è in effetti un impegno a pagare una certa cifra, cioè la forma più elementare di “pagherò”.
Facciamo un esempio: immaginiamo che in un villaggio un ipotetico Giovanni, disponendo di decine di paia di scarpe, decida di darne un paio ad Enrico che se ne trova senza. Enrico non ha niente con cui contraccambiare che possa interessare a Giovanni e decide, piuttosto che ricambiare con un favore, di promettere qualcosa di equivalente. Enrico dà a Giovanni un “pagherò”. Giovanni può aspettare che Enrico abbia qualcosa di utile per lui. Quando ciò avverrà Enrico potrà riscattare il foglio con su scritto “pagherò” e farlo a pezzetti. Ma supponiamo che Giovanni giri il suo “pagherò” ad una terza persona a cui deve qualcosa e quest’ultima a sua volta ad una quarta. Adesso Enrico dovrà quel denaro a lei. La moneta nasce così, perché non c’è fine logica a questa circolazione di debiti. In linea di principio non c’è ragione che il “pagherò” non continui a circolare per il villaggio per anni, a patto che la gente abbia sempre fiducia in Enrico. Di fatto, se le cose vanno per le lunghe, la gente può anche dimenticarsi di chi ha emesso il “pagherò”. In questo senso non c’è nessuna differenza tra una conchiglia (non è un esempio bislacco, pare che in Cina per un lungo periodo sia stato proprio così), un dollaro d’argento, una moneta da un dollaro realizzata in una lega rame-nichel, ideata per assomigliare all’oro, un pezzo di carta verde con l’immagine stampata di G. Washington o un impulso digitale sul computer di qualche banca. Val bene sottolineare che il “pagherò” di Enrico può funzionare come denaro solo se Enrico non pagherà mai il proprio debito.
In effetti le banconote odierne funzionano secondo uno schema analogo. E’ con questo principio che fu fondata la Bank of England (la prima banca centrale moderna). Nel 1694 un consorzio di banchieri inglesi fece un prestito di 1,2 milioni di sterline d’oro al re. In cambio, i banchieri ottennero il monopolio reale sull’emissione di banconote. In pratica questo significava che avevano il diritto di concedere in prestito “pagherò” per una porzione del denaro che il re doveva loro ad ogni abitante del regno che ne volesse chiedere in prestito, con il risultato di monetizzare e far circolare il debito reale appena creato. La fiducia in questo caso andava accordata direttamente al re. Si trattava di un bell’affare per i banchieri (facevano pagare l’8% di interesse annuo sul prestito originario alla corona ed al tempo stesso chiedevano gli interessi su quello stesso denaro ai loro clienti che lo prendevano in prestito), ma poteva funzionare solo fino a quando il debito originario rimaneva insoluto. Quel debito infatti non è stato ancora saldato. Non può essere saldato. Se venisse saldato, l’intero sistema monetario della Gran Bretagna cesserebbe di esistere.
In questa logica i mercati sorgono come effetti collaterali. Il volano di fondo è la tassazione statale che obbliga ciascuno a trovare un qualche modo per mettere le mani sulle monete. Secondo alcuni questo stato di cose stimolerebbe l’operosità e sarebbe alla base del progresso, ma molte sono le distorsioni passate e presenti. Vediamo qualche esempio emblematico. Nel 1895 la Francia ha invaso il Madagascar, sciolto il governo in carica e dichiarato il paese colonia francese. Tra le prime cose che il generale Gallieni fece dopo “la pacificazione” ci fu l’imposizione di pesanti tasse sulla popolazione malgascia, la quale doveva rimborsare i costi necessari all’invasione. Inoltre, dal momento che le colonie francesi erano obbligate all’autonomia finanziaria dalla madrepatria, le tasse servivano a realizzare tutti i progetti del regime francese. Ai contribuenti malgasci nessuno ha mai chiesto se volessero strade, ponti, ferrovie e soprattutto piantagioni. Furono trucidati centinaia di migliaia di malgasci e nonostante il fatto che il Madagascar non avesse mai recato alcun danno comparabile alla Francia, la popolazione di quel paese si sentì dire fin dall’inizio che doveva dei soldi al paese occupante. Ancora ai nostri giorni il popolo malgascio deve soldi alla Francia ed il resto del mondo riconosce la giustizia di questo principio.
E’ solo uno dei tanti esempi possibili, ma al lettore non sfugge il senso di tutto ciò. Il debito, spesso e volentieri costruito ad arte, è la chiave per assoggettare interi popoli, per depredare interi paesi.
Uno potrebbe benissimo chiedersi: se i nostri ideali politici e giuridici sono fondati sulla logica dello schiavismo, allora perché siamo riusciti ad abolire la schiavitù? Ovviamente un cinico potrebbe sostenere che non l’abbiamo abolita affatto ma che ci siamo solo limitati a rinominarla. Non avrebbe torto. Da questo punto di vista l’elemento cruciale è la capacità del denaro di trasformare la moralità in una faccenda di aritmetica impersonale e, così facendo, di giustificare cose che altrimenti potrebbero sembrare oscene o indecenti. Il denaro ha sempre la potenzialità di diventare un imperativo autonomo. Se gli si permette di espandersi, può diventare rapidamente una morale così imperativa da far sembrare tutte le altre frivole al suo confronto. Anche le relazioni umane possono diventare l’argomento di un calcolo di costi e benefici.
Tuttavia la realtà dei giorni nostri potrebbe essere ancora meglio compresa da un proverbio americano che recita così : “Se devi alla banca centomila dollari, la banca ti possiede. Se devi alla banca cento milioni di dollari, possiedi la banca”.
Il 15 Agosto 1971 il presidente degli Stati Uniti Richard Nixon annunciò la fine della convertibilità in oro dei dollari americani detenuti all’estero. L’effetto immediato della sospensione della convertibilità aurea fu di far schizzare alle stelle il prezzo dell’oro, simmetricamente il valore del dollaro in termini di oro calò drasticamente. Il risultato fu un enorme trasferimento di ricchezza dai paesi poveri, che non avevano riserve auree ma che tenevano le proprie riserve in dollari, ai paesi ricchi, come Stati Uniti e Gran Bretagna, che mantenevano riserve in oro. Il mondo entrò di fatto in una nuova fase della storia finanziaria, fase che ancora nessuno capisce completamente. Mentre la Banca d’Inghilterra prestava oro al sovrano, la Federal Reserve (la banca centrale americana) crea i dollari semplicemente con un tratto di penna. Ebbene a causa del pesante deficit di bilancia commerciale degli Stati Uniti, un numero enorme di dollari circola all’estero.
Le banche centrali estere possono farci ben poco con questi dollari, tranne comprare titoli del tesoro americano. Fin dai tempi di Nixon i compratori più importanti del debito americano sono state le banche di quei paesi che si sono trovati sotto l’occupazione americana. Nel tempo l’effetto combinato dell’inflazione e dei bassi tassi d’interesse pagati da questi titoli è stato che essi si sono deprezzati, aumentando “il tributo”. Inoltre lo status internazionale del dollaro è sostenuto, fin dal 1971, dal fatto che il petrolio sia comprato e venduto solo in questa valuta. Ogni tentativo dei paesi Opec di usare anche altre divise si è infranto contro la resistenza di Arabia Saudita e Kuwait, due protettorati americani. Saddam Hussein prese la decisione unilaterale di passare dal dollaro all’euro nel 2000, seguito dall’Iran nel 2001. Sappiamo come è andata a finire.
Le politiche del Fondo Monetario Internazionale, che insiste nel chiedere che i debiti siano ripagati quasi esclusivamente attingendo dalle tasche dei poveri, si sono scontrate negli ultimi anni prima contro un movimento di ribellione sociale, parimenti globale (no global), poi con un’aperta ribellione fiscale tanto in Africa quanto in America latina. Sostanzialmente “il sacro principio” per cui tutti dobbiamo pagare i nostri debiti si scontra con i fatti, ed i fatti mostrano che non tutti devono pagare i propri debiti. Solo alcuni sono obbligati. La recente crisi economica sta alimentando anche in Europa un acceso dibattito sulla natura del debito degli stati membri e sulla sua gestione, che rischia di trasformare il continente in una polveriera.
Niente sarebbe più utile ed importante di fare tabula rasa per tutti, rompendo con la nostra morale abituale, e ricominciare da capo. La gigantesca macchina del debito che, negli ultimi cinque secoli, ha ridotto porzioni sempre più grandi della popolazione mondiale all’equivalente morale dei conquistadores sembrerebbe infatti essere arrivata al suo limite sociale ed ecologico. Il problema è come ridimensionare la cosa, andando progressivamente verso una società in cui le persone possano vivere di più e lavorare di meno. Si, proprio così, lavorare di meno.
D. Graeber conclude così :“ Vorrei finire spezzando una lancia a favore dei poveri non industriosi. Almeno non fanno male a nessuno. Nella misura in cui il tempo che sottraggono al lavoro è usato per stare con la famiglia e gli amici, per prendersi cura delle persone amate, probabilmente stanno migliorando il mondo più di quanto non possiamo rendercene conto. Forse dovremmo immaginarli come i pionieri di un nuovo ordine economico che non condivide la tendenza all’autodistruzione del nostro”.
Felice Marino
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