“Modernità liquida” è una definizione coniata dal sociologo Zygmunt Bauman, uno dei più noti ed influenti pensatori al mondo, in un testo dal titolo analogo che ha avuto un enorme successo, un best-seller in Italia ed all’estero, un classico dei nostri tempi.
I liquidi, a differenza dei corpi solidi, non mantengono una forma propria, semmai si adattano prontamente a contenitori esterni. Inoltre la straordinaria mobilita’ dei fluidi li associa immediatamente all’idea di leggerezza. Sono questi i motivi per i quali la metafora della liquidità è decisamente pertinente allorchè intendiamo comprendere la natura dell’attuale e per molti aspetti nuova fase nella storia della modernità.
Modernità liquida è la convinzione che oggi l’unica costante sia il cambiamento e l’unica certezza sia l’incertezza. Se cent’anni fa essere moderni significava inseguire la perfezione definitiva, pare proprio che essere moderni oggi alluda ad un miglioramento all’infinito, privo però di qualunque aspirazione a diventare definitivo. La cosa interessante è che, ad un’attenta analisi, è lecito affermare che è stata proprio quella ricerca di perfezione assoluta, di solidità nelle cose, ad averne innescato la liquefazione. La liquidità è stata in definitiva un effetto di quella ricerca.
Dopo quasi due secoli, secondo Bauman, il rapporto di superiorità/inferiorità tra i valori della durevolezza e della transitorietà si è ormai ribaltato. Ormai si apprezza quasi soltanto ciò che è facile da mandare all’aria, scartare, abbandonare, i legami che si possono sciogliere senza fatica. Siamo tutti a caccia continua ed irrefrenabile di novità, siamo tutti passati drasticamente dal concetto di libertà “da” al concetto di libertà “di”. Ma libertà di fare cosa? La risposta è immediata: di consumare. La libertà promossa dal mercato globale è solo disegnata pensando al “consumatore ideale”, nient’altro.
Non crediamo più nel mito dell’esistenza fatta di frammenti che, come pezzi di una statua antica, si limitino ad attendere l’arrivo dell’ultimo pezzo, di modo che possano tutti essere incollati e creare un’unità esattamente uguale a quella originaria. Non crediamo più in una totalità primordiale un tempo esistente, o in una totalità ultima che ci attende in qualche data futura. Ci limitiamo a consumare in maniera tumultuosa beni ed emozioni, in maniera totalmente acritica. Questo fa si che la libertà senza precedenti che la nostra società pare offrire ai suoi membri sia corredata anche paradossalmente da un’impotenza senza precedenti.
La libertà “di” va di pari passo con l’esaltazione dell’individualismo e gli individui, bersaglio delle pressioni dell’individualizzazione, vengono gradualmente, ma incessantemente, spogliati della corazza protettiva della cittadinanza ed espropriati delle loro capacità ed interessi di cittadini. In tali circostanze , la prospettiva di una trasformazione dell’individuo de iure in un individuo de facto (cioè padrone delle risorse indispensabili per una reale capacità di autodeterminazione) appare sempre più remota.
Nel mondo della modernità liquida, sembriamo sempre più gli ospiti di un camping per roulotte. Ciò che tutti pretendono dai responsabili del camping è di essere lasciati in santa pace e non essere disturbati. In cambio essi promettono di non contestare l’autorità dei responsabili e pagare quanto dovuto. Nel caso in cui si sentano defraudati o ritengano che i responsabili siano venuti meno alle promesse fatte, i roulottisti possono reclamare il rimborso, ma non si sogneranno neanche lontanamente di mettere in discussione e rinegoziare la filosofia manageriale del posto, e meno che meno di assumersi la responsabilità di dirigerlo essi stessi.
Cent’anni fa, in piena modernità “solida” i pericoli e le minacce erano tutte attese dal lato del “pubblico”, sempre pronto ad invadere e colonizzare “il privato”. Scarsa attenzione veniva prestata ai pericoli derivanti dalla contrazione e dallo svuotamento dello spazio pubblico e dalla possibilità di un’invasione opposta: la colonizzazione della sfera pubblica da parte del privato. Tale eventualità sottovalutata e sottodiscussa si è oggi trasformata nel principale ostacolo all’emancipazione. Il potere pubblico implica l’incompletezza della libertà individuale, ma la sua ritirata o scomparsa profetizza l’impotenza pratica della libertà legalmente vittoriosa. La storia dell’emancipazione moderna ha virato da un confronto con il primo pericolo a una lotta contro il secondo.
Secondo Bauman “qualsiasi reale liberazione richiede oggi più, non meno, sfera pubblica e potere pubblico”. Allorchè la politica pubblica abdica alle proprie funzioni e viene sostituita dalla politica della vita, i problemi incontrati dagli individui de iure nel loro strenuo tentativo di diventare individui de facto si rivelano minacciosamente non sommabili e non cumulativi, spogliando così la sfera pubblica di qualsiasi sostanza e riducendola a mero luogo di pubblica confessione ed esposizione di preoccupazioni private. Allo stesso modo, non solo l’individualizzazione appare una strada a senso unico, ma sembra distruggere nel suo cammino tutti gli strumenti che potrebbero essere usati per realizzare i suoi obiettivi.
Il filosofo polacco è convinto, in ogni caso, che quello che stiamo vivendo è un periodo di “interregno”, uno di quei momenti in cui i vecchi modi di agire non funzionano più, ma ancora non sono state inventate nuove modalità più adeguate alle nuove condizioni. Motivo per cui la ricerca di una vita in comune alternativa non può che partire dall’analisi delle alternative all’attuale politica della vita.
Felice Marino
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