sabato 22 gennaio 2011

Estratto dalla 1a puntata di "Nel mondo dell'incredibile". Araldi di morte nelle antiche famiglie europee.

Gli annali della nobiltà europea abbondano di misteriose storie di fatti soprannaturali. Tra di esse la sinistra leggenda delle volpi di Gormanston.
Ogni volta che un lord di Gormanston sta per morire, il suo castello nella contea di Meath, in Irlanda, viene circondato dalle volpi.
Nel settembre del 1876, lady Gormanston osservò una muta di volpi che andavano in cerca di preda presso la porta del castello. Suo marito, il tredicesimo visconte, morì la stessa notte. Al suo funerale, pochi giorni dopo, le volpi seguirono il feretro fino alla sepoltura.
Quando morì il quattordicesimo visconte, nel 1907, alcune volpi rimasero tutta la notte fuori della cappella dove il suo corpo giaceva sul catafalco, nonostante ogni tentativo di cacciarle via.
Molte grandi famiglie sono perseguitate da fantasmi di  antenati morti quasi sempre in modo tragico. Così la famosa dama bianca degli Hohenzollern, ad esempio, per alcuni sarebbe il fantasma della contessa Agnese di Orlamunde, murata viva per infanticidio. Secondo un’altra versione si tratterebbe invece della principessa Bertha von Rosenburg: ma chiunque sia, la sua apparizione preannuncia immancabilmente la morte di un Hohenzollern.
La famiglia reale di Baviera condivideva con la famiglia ducale di Assia un <araldo di morte>. Era la Dama Nera di Darmstadt, che si pensa fosse il fantasma di una granduchessa morta da molto tempo. Nel 1850, venne vista ad Archaffenburg mentre il granduca d’Assia-Darmstadt stava prendendo il tè con i genitori. Pochi giorni dopo, sua madre morì di colera. Nel 1854, al castello di Pillnitz sulle rive dell’Elba, la regina di Sassonia vide la Dama Nera che si aggirava attorno alla sua sedia. Angosciate, le persone del seguito pensavano che la morte della regina fosse imminente, ma si sbagliavano. Il giorno seguente, arrivò la notizia che il re di Sassonia era morto a Dresda.
Si dice che la famiglia dei Borgia sia stata assediata dagli spettri. L’incidente più noto accadde a papa Alessandro VI. Un cardinale, entrando negli appartamenti del papa, una notte del 1503, trovò il pontefice che giaceva su una bara spettrale, illuminato da una livida luce.
Terrorizzato, fece il segno della croce e la visione svanì. Ma prima di mezzanotte, papa Borgia era morto.

Le ricette di Nonna Enza. Costate di manzo alla pizzaiola.

Ingredienti per quattro persone:
Quattro costate di manzo di 150-200 grammi ciascuna
Pomodori freschi o pelati 500 grammi
Olio vergine d'oliva 1 dl
Aglio due spicchi
Prezzemolo tritato un cucchiaio
Origano un pizzico abbondante
Sale
Pepe

In una teglia larga soffriggete con l'olio l'aglio finemente affettato, quando sarà biondo aggiungete i pomodori, il prezzemolo, l'origano, il sale e il pepe. Fate cuocere la salsa a calore moderato fino a quando sarà evaporata l'acqua dei pomodori e la salsa sarà apparsa lucida e densa.
A questo punto adagiate nella teglia le costate dopo averle battute un pò con il batticarne per renderle più tenere. Fatele cuocere non più di 7-8 minuti per lato.
Utilizzate il sugo per condire eventuali spaghetti.
Buon appetito da Nonna Enza!!

sabato 15 gennaio 2011

Bistrot Philo 8a puntata." La procreazione tra natura e tecnica"

Ecco "lo spunto" per l'ottava puntata di Bistrot Philo. Se credete potete lasciare un commento, è il benvenuto..

La cosa migliore sarebbe procreare tra i 15 ed i 30 anni come natura prevede per il buon esito di una fecondazione e di una gravidanza. Ma noi occidentali non abbiamo più questa possibilità, perché le condizioni socio-economiche che la nascita di un figlio richiede spostano fecondazione e gravidanza tra i 30 ed i 40 anni, quando tutto diventa un po’ più difficile. Di qui l’intervento della tecnica medica che assiste chi ha protratto la scelta di un figlio oltre i limiti d’età più favorevoli previsti dalla natura. I problemi che oggi si pongono sono determinati dalla nostra organizzazione socio-economica e non dalle presunte tentazioni faustiane della scienza.
Ancora, i progressi della scienza hanno ridotto nella specie umana la selezione naturale. E se questo è un bene per quanti riescono a vivere e a procreare grazie all’assistenza medica, mentre un tempo non avrebbero potuto sopravvivere o quanto meno procreare, non è un male se la selezione scientifica degli embrioni sani rispetto a quelli geneticamente malati supplisce agli inconvenienti determinati dalla scomparsa della selezione naturale.
Fatte queste due premesse per inquadrare correttamente il problema, dobbiamo dire che una volta infrante le leggi di natura, come noi abbiamo fatto per esigenze socio-economiche, la scienza non fa altro che aiutare la natura a generare quando, lasciata a se stessa, non sarebbe più in grado di raggiungere lo scopo. Quindi o cambiamo forma alla nostra società, o ci facciamo aiutare dalla scienza là dove il processo naturale, lasciato a se stesso, abortisce.
Ora mettiamoci nei panni di chi desidera un figlio e non può averlo se non con la fecondazione medicalmente assistita. Negare questa possibilità significa non consentire a una donna l’esperienza “fisica” della maternità, che per alcune donne è inessenziale, per altre è condizione imprescindibile del loro equilibrio psicofisico, dal momento che il loro corpo è strutturato per la generazione che, resa impossibile, può portare a uno scadimento della propria identità, della stima di sé, quando non a una vera e propria malattia che si chiama depressione.
Perché non favorire, in chi lo desidera, la vita quando esiste una tecnica in grado di darla a chi genera e a chi è generato? In nome di principi che fanno riferimento all’inviolabilità della natura? Ma che valori hanno questi principi formulati quando la natura, per le scarse conoscenze scientifiche, era ritenuta inviolabile, mentre oggi è in ogni suo aspetto manipolabile?
Non è meglio adottare al posto dell’ “etica dei principi” che, come ci ricorda Aristotele, non si attagliano mai alle singole situazioni, quella che io vado chiamando l’ “etica del viandante”, la quale, esaminati di volta in volta gli scopi e i mezzi, decide, se gli scopi sono buoni, di utilizzare quei mezzi? E questo vale soprattutto oggi dove la natura non è più la norma e dove noi stessi non vivremmo quanto viviamo se non fossimo “medicalmente assistiti”.

U. Galimberti

"Nel mondo dell'incredibile" 2a puntata. Estratto:"Il serpente. Simbolo di vita e di morte."

Il primo giovedi di maggio, a Cocullo, in provincia dell’Aquila, viene portata in processione la statua di San Domenico avvolta in grovigli di serpenti vivi.
E’ un’antichissima tradizione che risale a culti di origine precristiana. Secondo i serpari del luogo, nei giorni festivi i pericolosi animali sarebbero innocui.
Analoghe manifestazioni avvengono a Colubrano, in Lucania, ma anche in molte altre parti del mondo, soprattutto in Africa e in India, dove si celebra la festa dei cobra. La mitologia del serpente era diffusa in tutte le culture antiche e lo è tuttora in certe tribù africane, presso gli aborigeni australiani e gli indù.
Della ofiolatria, o culto dei serpenti, si trova traccia nell’antico Egitto, a Roma, nelle civiltà precolombiane e, attualmente, nelle regioni africane e oceaniche, che venerano il serpente-arcobaleno nel suo duplice aspetto di fecondatore e portatore d’acqua oppure di mangiatore dell’acqua e portatore di siccità.
Non sempre il serpente è simbolo negativo. In molte culture, il serpente è la forma sotto cui compaiono gli antenati degli eroi ( come avveniva nella Grecia antica ) o semplicemente le anime dei defunti, come credono le tribù africane dei Masai. In molte civiltà, poi, il serpente è addirittura identificato con l’essere supremo, colui che dà la vita, l’acqua, la medicina. Non per nulla tutte le divinità che simboleggiano la scienza e la medicina vengono raffigurate con un serpente.
Nel giudaismo e nel cristianesimo sono presenti entrambi gli aspetti del serpente, anche se alla lunga sono prevalsi nettamente i significati negativi. Basti pensare al serpente corruttore di Eva, causa del peccato originale e , quindi, della rovina di tutta l’umanità.

domenica 9 gennaio 2011

Bistrot Philo. 7a puntata. "Il conflitto tra scuola e famiglia". La risposta di U. Galimberti

I genitori di oggi tendono a non generare mai fino in fondo i figli e a tenerli per l’eternità nella loro pancia, nonostante i calci che quotidianamente ricevono. Le ragioni possono essere diverse. Ci sono casi in cui i genitori non riescono a uscire dalla loro visione del mondo da loro ritenuta l’unica vera e giusta. Il risultato è che il figlio non maturerà alcuna esperienza propria e percorrerà o la strada che lo prevede solo come una risposta alle attese dei genitori, o quella della ribellione senza mediazioni con conseguenti percorsi di devianza.
In altri casi il figlio rappresenta per i genitori l’unica espressione in cui essi si sentono realizzati, per cui ogni difficoltà che il figlio dovesse incontrare costituisce una messa in crisi della loro identità. Da ultimo i pericoli del mondo, dai pedofili alle cattive compagnie, dalla facilitazione sessuale ai rischi della droga, attivano nei genitori un sentimento paranoico di iperprotezione che, se non castra il figlio, certamente lo rende inidoneo ad affrontare i problemi che nella sua crescita inevitabilmente incontrerà.
Quel che i genitori dovrebbero imparare è che il loro lavoro e la loro presenza sono fondamentali per i primi anni di vita, in cui nel bambino si forma o non si forma definitivamente quel nucleo caldo che si chiama “fiducia di base”. Poi questa fiducia, che il bambino ha acquisito, va esercitata affinchè non si estingua, e l’esercizio non avviene in un clima di iperprotezione, ma in un contesto che prevede anche conflitti e difficoltà.
A me pare che i genitori oggi facciano esattamente il contrario. Non curano i bambini con la presenza e con il dialogo nei primi anni di vita, limitandosi a riempirli di giochi che stanno al posto dei sentimenti e dei dialoghi mancati, e poi si fanno iperprotettivi quando, a partire dai sei anni, i bambini dovrebbero incominciare quel processo di socializzazione extrafamiliare di cui la scuola pubblica ( che ospita abbienti e non abbienti, italiani ed extracomunitari, ragazzi intelligenti e altri con difficoltà, educati e maleducati ) è la miglior palestra. Ogni atteggiamento aggressivo dei genitori contro questa utilissima palestra e contro gli insegnanti, per i quali giustamente tutti i bambini sono uguali e non più tutelati dall’idolatria familiare, è il modo migliore con cui i genitori non emancipano i loro figli e li rendono inidonei alla vita.

                                                                               U. Galimberti