sabato 15 gennaio 2011

Bistrot Philo 8a puntata." La procreazione tra natura e tecnica"

Ecco "lo spunto" per l'ottava puntata di Bistrot Philo. Se credete potete lasciare un commento, è il benvenuto..

La cosa migliore sarebbe procreare tra i 15 ed i 30 anni come natura prevede per il buon esito di una fecondazione e di una gravidanza. Ma noi occidentali non abbiamo più questa possibilità, perché le condizioni socio-economiche che la nascita di un figlio richiede spostano fecondazione e gravidanza tra i 30 ed i 40 anni, quando tutto diventa un po’ più difficile. Di qui l’intervento della tecnica medica che assiste chi ha protratto la scelta di un figlio oltre i limiti d’età più favorevoli previsti dalla natura. I problemi che oggi si pongono sono determinati dalla nostra organizzazione socio-economica e non dalle presunte tentazioni faustiane della scienza.
Ancora, i progressi della scienza hanno ridotto nella specie umana la selezione naturale. E se questo è un bene per quanti riescono a vivere e a procreare grazie all’assistenza medica, mentre un tempo non avrebbero potuto sopravvivere o quanto meno procreare, non è un male se la selezione scientifica degli embrioni sani rispetto a quelli geneticamente malati supplisce agli inconvenienti determinati dalla scomparsa della selezione naturale.
Fatte queste due premesse per inquadrare correttamente il problema, dobbiamo dire che una volta infrante le leggi di natura, come noi abbiamo fatto per esigenze socio-economiche, la scienza non fa altro che aiutare la natura a generare quando, lasciata a se stessa, non sarebbe più in grado di raggiungere lo scopo. Quindi o cambiamo forma alla nostra società, o ci facciamo aiutare dalla scienza là dove il processo naturale, lasciato a se stesso, abortisce.
Ora mettiamoci nei panni di chi desidera un figlio e non può averlo se non con la fecondazione medicalmente assistita. Negare questa possibilità significa non consentire a una donna l’esperienza “fisica” della maternità, che per alcune donne è inessenziale, per altre è condizione imprescindibile del loro equilibrio psicofisico, dal momento che il loro corpo è strutturato per la generazione che, resa impossibile, può portare a uno scadimento della propria identità, della stima di sé, quando non a una vera e propria malattia che si chiama depressione.
Perché non favorire, in chi lo desidera, la vita quando esiste una tecnica in grado di darla a chi genera e a chi è generato? In nome di principi che fanno riferimento all’inviolabilità della natura? Ma che valori hanno questi principi formulati quando la natura, per le scarse conoscenze scientifiche, era ritenuta inviolabile, mentre oggi è in ogni suo aspetto manipolabile?
Non è meglio adottare al posto dell’ “etica dei principi” che, come ci ricorda Aristotele, non si attagliano mai alle singole situazioni, quella che io vado chiamando l’ “etica del viandante”, la quale, esaminati di volta in volta gli scopi e i mezzi, decide, se gli scopi sono buoni, di utilizzare quei mezzi? E questo vale soprattutto oggi dove la natura non è più la norma e dove noi stessi non vivremmo quanto viviamo se non fossimo “medicalmente assistiti”.

U. Galimberti

7 commenti:

  1. Gli intrecci tra Scienza e Senso Morale sono sempre più complessi e ci inducono sempre più spesso a mettere in dubbio le nostre certezze, i nostri ideali e talvolta i nostri preconcetti.

    Ma stavolta mi sembra che ci si limiti a parlare di procreazione assistita per quelle donne che diciamo sono “un po’ avanti con gli anni” e non potrebbero più “naturalmente”. Questo rende tutto molto più semplice in quanto semplicemente mi domando: perché impedirla ? E c’è davvero qualcuno che vorrebbe impedirla ? E perché mai ?

    Giustamente nel tuo spunto di questa settimana si legge che la natura prevede di procreare ottimamente tra i 15 ed i 30 anni. Anzi aggiungo che la Natura per noi ha anche introdotto un meccanismo molto speciale e raro (la menopausa). Ed allora è davvero lecito chiedersi il perché ?
    Dobbiamo ricordare che tutti i nostri meccanismi fisiologici sono stati tarati da diverse centinaia di anni di evoluzione che i nostri antenati hanno trascorso in un ambiente primordiale molto più ostico del nostro. Ci siamo sviluppati come specie intelligenti, sociali ed abili grazie ad un cervello fuori dalla norma (in proporzione al resto del corpo). Tutto ovviamente ha un prezzo e quindi nasciamo, a differenza delle altre specie, tutti “prematuri”. Ed abbiamo fisiologicamente (non sto parlando dei moderni “bamboccioni”) bisogno delle nostre madri per un lungo periodo rapportato alla nostra intera esistenza. Inoltre nasciamo comunque con un bel cranio ed il parto umano è tra i più a rischio in natura. I fattori di rischio ovviamente aumentano con l’età.
    E’ chiaro che le madri che tendevano a procreare in età di avanzata maturatà avevano ovviamente un rischio significativo e molto maggiore di morire, durante il parto o anche successivamente. E questo significava pregiudicare la sopravvivenza anche di tutti gli altri figli ancora piccoli (nella crudele savana preistorica non c’erano orfanatrofi e chiese). Quelle madri che andavano più presto in menopausa avevano molto ridotto quel rischio e gli stessi pargoletti avevano maggiori probabilità di sopravvivenza e quindi di diffusione del proprio corredo genetico. Ecco che “naturalmente” l’evoluzione, lavorando su migliaia e migliaia di generazioni, ha sviluppato meccanismi di controllo.

    Quando parliamo di Leggi di Natura è di questo che parliamo. Non sono le leggi della Meccanica o della Termodinamica. Non sono immutabili. Non sono eterne.
    Oggi il nostro habitat naturale è molto diverso dalla savana di 300.000 anni fa. Ed anche dalle campagne di 300 anni fa dove perdere la madre quando si era in tenera età era cosa frequente ed era ancora un bel gran problema. Tralaltro anche la mortalità delle donne durante il parto è ormai ridotta a percentuali marginali. Aspettando altri 300.000 anni potremmo ritrovarci tranquillamente un’allungamento dell’età della procreazione. Ed allora, se la scienza oggi, ci concede la possibilità di anticipare l’evoluzione che male c’è ? C’è solo la gioia di dare un figlio a coppie che magari hanno scoperto l’amore un po’ troppo tardi. O che magari hanno trovato una sistemazione tranquilla e stabile oltre gli “anta” (e questo forse è davvero il vero problema della Società Moderna)

    RispondiElimina
  2. A me pare assolutamente lecito ricorrere alle tecniche che ci offre la scienza. Poi ci sono limiti.. Non mi piace l'espressione "etica della viandante" (brutta brutta).. ed è vero che ogni caso va esaminato individualmente. Ma ci sono cose che non mi sembrano giuste "a prescindere". Poche, a dire il vero, ma ci sono.
    Adesso, senza allargare l'argomento, viviamo senza dubbio in un'epoca in cui siamo "medicalmente assistiti". Non sempre con cuore e ragionevolezza....

    RispondiElimina
  3. E' vero...la natura e' sempre più manipolabile, negli aspetti più profondi. Che fare allora? Niente, ognuno è libero di agire liberamente. L'importante è non arrecare danni a terzi. Ma il fatto che qualcosa sia lecito non significa che ciascun individuo non possa precludersi volontariamente alcune strade perchè ritenute non conformi alla propria etica, alle proprie convinzioni...

    RispondiElimina
  4. Il solito modo sbagliato di costruire pensiero, anche da parte di chi per
    professione deve essere rigoroso.
    Cito: "Non è meglio adottare al posto...."

    quel meglio , su cui tutta la proposizione, tutto l'asserto si fonda, non è
    fondato alla domanda che così rimane retorica. Si può rispondere sì o no, senza
    sapere il perchè di quel sì e di quel no. Infatti in base a che cosa l'etica
    del viandante - a cui non ho nulla in contrario a livello di ipotesi - decide
    la bontà degli scopi se non si sa che cosa sia non solo il meglio, ma neppure
    il bene..nella filosofia moderna spesso si scambia la certezza con la verità, e
    lo facciamo anche nel parlare comune, credendo che per dia-logare non serva il
    logos, la forza logica del pensiero che ci impedisce di trasformare un
    viandante in un errante, nel duplice significato del termine.
    Filosofare non è un arbitrio, ma un rigoroso esercizio dell'umana coscienza.

    RispondiElimina
  5. Riguardo alla procreazione medicalmente assistita debbo gettare la
    spugna. Le tesi contrarie al suo impiego e quelle favorevoli le
    ritengo entrambe giustificate da principi accettabili. Le due
    strade se estremizzate portano a gravi conseguenze. I
    proibizionisti , per coerenza, dovrebbero anche rifiutare la medicina
    moderna fatta di diagnostica e terapia; gli antiproibizionisti, al
    contrario, tutte le conseguenze, potenzialmente pericolose, che la
    scienza mette a disposizione.
    Prevale ,tuttavia, in me una visione antiproibizionista per cui non
    mi sentirei di vietare per legge il ricorso a tecniche sofisticate
    che rendano possibili la procreazione nei casi in cui la natura non
    l'ha permessa. Al momento la risposta alla sollecitazione di
    Galimberti è quella, solamente, del caso per caso, senza una bussola
    che ci indichi la direzione ma, essendo prudenti come gatti,
    dobbiamo procedere lungo territori sconosciuti e pericolosi.

    RispondiElimina
  6. Occorre secondo me fare una premessa o meglio una domanda iniziale. Il viandante crede in Dio? Nel senso di avere una visione spirituale della vita. Oppure crede che il progetto uomo sia un evento del tutto casuale? O, ancora, pensa che Dio giochi a dadi?

    La valutazione della bontà o meno degli scopi, passo iniziale per scegliere i mezzi, viene necessariamente influenzata dalle idee ultime, o meglio iniziali, che stanno alla base del nostro agire.

    La concezione che diamo dell’esistenza contribuisce in modo rilevante, infatti, a determinare quali paletti mettere non alla ricerca scientifica, che deve essere libera, ma alla tecnica, intesa come applicazione delle conoscenze scientifiche. E a stabilire i limiti dell’aiuto che possiamo “accettare” dalla scienza.

    Ciò vale per la procreazione, ma anche per la morte. Due eventi tra loro concatenati: senza la morte non ci sarebbe alcuna possibilità per la vita di continuare e di evolversi.

    Venendo al tema in discussione, cioè all’aiuto che la scienza può dare ad una donna, o meglio ad una coppia, che desidera dei figli ma non può averli naturalmente, voglio porre una domanda provocatoria. Quanto il desiderio di maternità è condizionato ancora oggi dalle aspettative della società e quanto è determinato dalla fisiologia femminile?

    Un tempo la società imponeva di fare tanti figli perché ciò era essenziale alla sua sopravvivenza. Oggi, al contrario, abbiamo nazioni come la Cina che impongono il figlio unico a causa della sovrappopolazione del territorio.

    Nella società occidentale, dove la bassa natalità sta determinando l’invecchiamento della popolazione, la maternità e l’accompagnamento dei figli verso l’autonomia sono talvolta visti come esperienze importanti e imprescindibili che, però, non devono intralciare più di tanto gli altri progetti esistenziali come il lavoro, la ricerca del benessere, lo svago, ecc., anch’essi importanti e imprescindibili.

    Ma nelle società opulente si è fatto largo anche un altro comandamento: i figli non possono che essere belli, sani e intelligenti. Così, almeno, ci raccontano molti spot pubblicitari.

    In questo modo restano nascoste ed emarginate quelle realtà dove esiste un figlio non perfetto, che sono vissute spesso all’esterno come una disgrazia o il prodotto della sfortuna. E quindi da tenere lontane, perché non sia mai che genitori e figli, toccati dalla iella o irresponsabili o addirittura “stupidi”, siano portatori di qualche “malattia” contagiosa.

    Stando così le cose, è diventato comportamento diffuso chiedere alla scienza di venire in aiuto con la diagnosi prenatale e alla medicina di intervenire con l’interruzione della gravidanza.

    Ogni caso è un caso a sé, è vero, e dare un giudizio, partendo dalle proprie convinzioni religiose, ideologiche o etiche, sarebbe un atto di scarsa umanità. Ma in quale misura, ci si può chiedere, una scelta traumatica come questa è influenzata dai messaggi che arrivano dalla nostra società edonista ed egoista?

    RispondiElimina
  7. Di certo tecniche come la fecondazione assistita o più in generale la scienza rappresentano
    degli strumenti molto importanti nelle mani dell uomo.
    In questi ultimi anni sono stati fatti notevoli progressi in campo medico, non sempre ,pero,
    sono stati utilizzati bene.
    Mentre la scienza progrediva e ci metteva a disposizione sempre di più nuovi modelli e nuove tecniche
    per renderci la vita un pò più facile ,l uomo sembrava quasi non essere al passo con questi progressi ,
    non prendendone quasi coscienza.
    A mio parere devono esistere leggi, misure che possano regolare l accesso a questi benefici prodotti dalla scienza,
    che siano insomma al di sopra degli egoismi e degli interessi personali.
    In tal senso un aiuto importante può esserci dato anche da discipline come la bioetica che possono
    rendere molto più consapevole la collettività di fronte a temi così impegnativi come la fecondazione assistita.

    RispondiElimina