I FIGLI DELLE COPPIE OMOSESSUALI
Recenti indagini, condotte in America da istituti psichiatrici di ricerca, hanno constatato che bambini cresciuti da coppie omosessuali non presentano disturbi di personalità più significativi rispetto a bambini cresciuti da coppie eterosessuali. Sembra infatti che più dei processi d’identificazione con le figure genitoriali contino, per una crescita equilibrata, le condizioni di vita e soprattutto l’amore.
Per quanto poi riguarda il processo d’identificazione, occorre dire che si tratta di una ipotesi psicoanalitica, secondo la quale il bambino acquisisce la sua “identità” modellandosi sul genitore dello stesso sesso e la sua capacità di “relazione” desiderando il genitore del sesso opposto. Questa teoria, a tutti nota come “complesso di Edipo”, Freud l’ha limitata all’organizzazione della struttura familiare come si è costituita in Occidente, chiamando “eso-edipiche” le condizioni di crescita in altre culture, soprattutto africane, dove i bambini, maschi o femmine che siano, vengono affidati fin dalla nascita al gruppo delle donne, per poi concedere ai maschi, capaci di superare le prove iniziatiche che talvolta mettono a rischio la vita, l’ingresso nella comunità degli adulti. Anche questa procedura “eso-edipica” non impedisce la costruzione di una identità sessuale, pur in assenza di una crescita all’interno di una coppia eterosessuale.
Se la coppia eterosessuale fosse davvero una garanzia per l’identità sessuale futura dei figli, non ci sarebbero omosessuali tra quanti sono cresciuti con un padre e una madre come il nostro costume familiare prevede.
E che dire poi dei bambini cresciuti negli orfanotrofi, dove non ci sono né padri, né madri, e talvolta neppure troppe cure e attenzioni? E di quanti perdono il padre e la madre, o entrambi, in tenera età, o che, a seguito di separazioni e divorzi, vivono con la sola madre o il solo padre, o tra padri e madri che non smettono di litigare e di usare reciprocamente ricatti e violenze?
Forse l’identità si costruisce, oltre che con i processi di identificazione, anche e soprattutto a partire dai contesti d’amore e di cura in cui il bambino viene a trovarsi. E non credo che l’amore e la cura siano prerogative esclusive delle coppie eterosessuali, che spesso, per effetto di separazioni e divorzi, non esitano a consegnare i figli ad altre figure genitoriali, rendendo non poco complicato il processo d’identificazione.
L’uomo è costruito in modo meno meccanicistico di quanto alcune teorie psicoanalitiche vogliono farci credere. Le sue capacità di adattamento superano di gran lunga gli schemi che psicologi e pedagogisti prevedono. Di una sola cosa, non solo i bambini, ma tutti quanti noi, non possiamo fare a meno per vivere. E questa cosa si chiama amore, da qualsiasi persona provenga. Le distinzioni vengono dopo, ma molto dopo.
U. Galimberti